Some of the paintings of the series: Nello Spazio di una Mostra, at my solo show Variazioni Riproposizioni Modifiche, April 14 - May 6th, 2012 at le Torri dell'Acqua, Budrio, Bologna.
17/05/12
Variazioni Riproposizioni Modifiche, here is the text in Italian by Federico Sardella who wrote about the series titled "Nello Spazio di Una Mostra".
Vittoria Chierici
Un salmodiare metropolitano
Un salmodiare metropolitano
“Lavoro a
progetto, come un architetto”, mi dice Vittoria Chierici parlandomi del suo
procedere e delle sue opere presenti in questa rassegna: due distinti gruppi di
lavori, realizzati a partire dai primi anni Novanta e fino al 2011. “Perché
dico che vado a progetto? Perché ogni gruppo di lavori, ad un certo punto
giunge in porto, si esaurisce e la serie si chiude. Lavoro su vari temi
contemporaneamente, indipendentemente dalla città in cui mi trovo frequento la
pittura, la fotografia o il video, uso il computer… fuggendo qualunque tenuta
stilistica o formale, assecondando la naturale possibile continua
trasformazione del mio lavoro di artista. Sin dal mio esordio mi sono sentita
senza stile…”.
Vittoria
Chierici non è contraria allo stile, semplicemente non ne sente il bisogno. Se
digiuni del suo lavoro, sfogliando il suo portfolio vi imbatterete in gruppi di
opere così diverse da farvi dimenticare di essere state eseguite da un solo
artista, vista la loro autonomia e l’apparente distacco che le separa. Alle
volte, però, a ben guardare, si intuiscono le medesime strutture o lo stesso
modo di trattare la superficie, si intravedono soggetti che ritornano e
tecniche che si ripetono indipendentemente dal soggetto; altre volte ancora si
sente forte la presenza della pittura. Una pittura gestuale, “ma non
espressionista. In molti mi hanno definita espressionista – racconta l’artista
– ma io non credo che questo sia vero. Io sono tutto tranne che espressionista.
Sono un’impressionista, che è diverso; e la motivazione per la quale cerco
l’impressione di una data cosa non deriva certo dall’impressionismo storico, ma
bensì dall’oggi, dall’uso del computer…”.
Nel caso
specifico delle opere di cui ci stiamo occupando, Stelle (1990 – 2010) e Nello
spazio di una mostra (1992 – 2011), resta valido quanto sopra eppure,
almeno in parte, inevitabilmente decade. Realizzate in un lasso di tempo di
poco più di venti anni, entrambe le serie, alle quali non si aggiungeranno
altri pezzi, presentano delle caratteristiche comuni, sia nella tecnica sia
nella struttura. Inoltre, le une quanto le altre, si prestano ad una visione
convenzionale, illuminate da fonti naturali o artificiali, e ad una visione
altra, che potremmo definire “notturna”… opere con due facce che convivono
sulla medesima superficie, che si alternano senza che l’una abbia mai il
sopravvento sull’altra, naturalmente, senza attriti. Al giungere del buio il
loro aspetto muta, anche se mai irreversibilmente. Le pennellate sorde e veloci
che appena si colgono per quel poco di materia che si portano appresso, una
volta spenta la luce, si irrobustiscono tanto da determinare una nuova immagine
luminosa, fatta di gesti rapidi, di squarci compassionevoli e di carezze date
da una mano abituata a maneggiare una sciabola. La composizione che un attimo
prima dominava la scena viene scardinata in favore di una nuova immagine,
sfacciata eppur pudica, pronta a ritirarsi non appena glielo si impone, come si
trattasse di una creatura della notte, che alle prime luci dell’aurora è
costretta a ritirarsi nel suo rifugio.
La struttura
della volta stellata del Mausoleo di Galla Placidia a Ravenna è il pretesto
fondante l’impianto delle opere titolate, non a caso, Stelle, dove al posto di queste ultime troviamo
delle palline da tennis, dapprima impiegate in quanto tali poi divenute timbro.
Il noto soffitto rivestito di tessere vitree musive blu e oro che già aveva
tanto affascinato Carla Accardi che, se non ricordo male, lo considera
responsabile dei suoi segni ripetuti sulle superfici in sicofoli della
altrettanto nota Tenda (1966), è per
Vittoria Chierici un punto di partenza. Una mappa dai tracciati chiari e
precisi. Una griglia entro la quale muoversi, con rispetto. Una immagine
sgranata nella quale i pixlel (le tessere) hanno la meglio. La conferma della
sua capacità di guardare il passato, di masticarlo, digerirlo e, se occorre,
sputarlo. Del resto, quale struttura se non quella delle tessere vitree
accostate le une alle altre è più vicina e sovrapponibile a quella che governa
gli schermi coi quali ci rapportiamo quotidianamente? Quale realtà più
contemporanea di un cielo stellato che leggiamo come tale grazie ai pixel che
lo delineano e che ne determinano i bagliori?
Le stelle come
palline da tennis, rimbalzano ostinate; presenze fedeli che ci affascinano
anche se ormai in città prive di firmamento, velate ed oscurate dai fumi e dai
vapori di una società tentacolare che tutto invade. La visione in due tempi di
questi lavori – certo, non me lo ha suggerito l’artista – racconta anche di
questa condizione. Di un buio che dovrebbe favorire la visione dei piccoli
punti che abitano il cielo e che invece si trova a lottare con nebbie
invincibili che non accennano a scomparire. Nebbie come pennellate, che solcano
il cielo… la scia di un aereo, la mano che si muove sulla tela, il colore
acrilico che prende posto, presenza ed assenza al contempo.
Un sentimento
con vaga indifferenza pop, questo della ripetizione e del timbro, sempre uguale
e sempre diverso… basta una pressione
differente, una quantità di pittura diseguale, un umore variato, una mano
diversa ed uno stesso timbro si modifica nel suo ripetersi.
Una ripetizione che non perde mai la sua tensione originaria, sempre in
bilico tra evidente e nascosto, tra guinzaglio e possibilità
di fuga.
La libertà che
scopro in questi lavori, le molte possibilità che l’operare entro un tracciato
dato e solido offre, ora che ci penso, è quasi in contrasto con l’azione
seriale ed omologatrice strettamente contemporanea del timbrare.
Non diversamente,
nella serie di pitture Nello spazio di
una mostra, il timbro si ripete e prende posto ordinatamente. Non più
ricavato dall’impronta tonda di una pallina da tennis, questa volta nasce
dall’immagine di una esposizione. Una foto qualunque di una parete qualunque,
con quadri. Questo è ciò che leggiamo: un timbro, una immagine astratta, un
gioco compositivo. Un quadro nel quadro. Forse un racconto. Figure piane chiuse
costrette entro un perimetro. Ordinate e collocate correttamente, ripetutamente
ribadite. L’immagine di una mostra collettiva organizzata da Corrado Levi nel
suo studio in corso San Gottardo, a Milano, a metà degli anni Ottanta, diviene
timbro, icona astratta e matrice non biffata di numerose possibili proposte.
Una parete con opere installate a mo’ di quadreria, un attimo di spazio nel
quale convivono tre o quattro forme, che si ripetono, si moltiplicano,
ritmicamente, senza sosta, sino a saturare lo spazio disponibile sulla tela.
Vittoria
Chierici con inquieta conoscenza e intelligenza agita schegge di storia d’arte
vivificandole con umori e materiali dell’oggi, rimbalzando nell’apparire dei
suoi manufatti senza fine un fare appassionatamente allertato, giocato,
spostato e prezioso.
Variazioni Riproposizioni Modifiche, solo show at Le Torri dell'Acqua, a new museum in Budrio, near Bologna, Italy. The show opened April 14, 2012 and some of my paintings which have been hanging for three weeks in this unique art space, belong to the series of "Lo Spazio di Una Mostra" conceived in the early ninties. There is also a wonderful essay by the art curator and critic, Federico Sardella. Enjoy.
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